È notte. Tutto attorno ci sono le cime con ormai solo poche tracce di quello che una volta erano i ghiacciai,
ma quel che rimane riflette quel poco di luce che c’è ancora nell’atmosfera. Con Fabio guardiamo ammirati
questo spettacolo. Sono circa le 10 di sera e saliamo verso la meta. “Fabio. Io mi spengo. Non parlo più.
Devo concentrarmi altrimenti mi fermo”. Accendiamo le luci sulla fronte e il percorso diventa veramente
impegnativo, ma forse sono io che sono alla frutta. Anzi è così. Vason non dice nulla, ma capisco che mi sta
accudendo come una chioccia. Lo capisco dal fascio di luce della sua torcia frontale. Fa due passi e gira la
testa verso di me che gli sono dietro. Vede che ci sono e si rigira per tracciare immediatamente il percorso
meno impegnativo. “dai Max è fatta”. Solo che io conosco molto bene quel percorso e so che ce n’è ancora
per una oretta. Un passo e poi un altro. Penso a Virna che mi ha accompagnato per 31 km di corsa/
camminata e che proprio prima dell’ultima ascensione ha avvertito dei crampi. Penso a Roberta che son tra
anni che mi sopporta per ‘sta storia dell’estremo e che se stavolta non finisco mi sfascia la bici a martellate.
Si. I miei angeli ci sono per la terza volta consecutiva (anno Covid a parte). A dire il vero non me la sentivo di
chiedere nuovamente al Presidente e alla First Lady di farmi da supporter, la paura del “non c’è due senza
tre” mi terrorizzava. Non avrei potuto sopportare di dare a loro una ulteriore delusione. Figuriamoci a
Roberta. Se l’insuccesso all’ICON di Livigno tutto sommato lo avevo metabolizzato, lo Stoneman del 2019 mi
bruciava ancora e fino a ieri faceva ancora tanto male. Ora voglio quell’applauso.
Lo Stoneman non è una gara di triathlon. Per uno della mia categoria è un viaggio e per giunta lungo. Tanto
lungo. Le distanze sono più o meno quelle classiche dell’Ironman, ma i dislivelli sono decisamente
importanti (oltre 4000 metri di dislivello in bici e oltre i 2000 a piedi). Passo dell’Aprica, Mortirolo e Gavia. In
bici sempre in spinta con solo 20 minuti di discesa prima della picchiata finale dal Gavia. A piedi è anche
peggio. Salite su piste da sci nere e discese a rotta di collo.
Virna. Dai andiamo. Voglio quell’applauso. Metto giù la bici non vedo i miei angeli e scatta il turpiloquio tra
la ilarità del pubblico e dei volontari. No eccoli. “mi ritiro. Basta”. Virna non fa una piega. Roberta nemmeno
e mi infila le scarpe. Iniziamo a correre a piedi.
Arriviamo alla prima stazione di rifornimento dopo 6 km: ho fame, ma basta barrette e sali. Vi prego datemi
del pollo, delle patatine, una birra. Per contro mi rifilano un pacchetto di cracker che apro e lascio li perchè
mi si chiude lo stomaco. Apposto!!!!
Via di corsa fino al 10Km. Stramazzo per terra. Basta io mi ritiro. Virna come Panoramix (ve lo ricordate il
druido che prepara la pozione per Asterix ed Obelix?) estrae dallo zainetto una busta magica. Non so cosa
sia e senza fiatare butto giù tutto. Fosse diserbante butterei giù anche quello. Tempo 5, dico 5, ripeto 5
minuti la pozione magica entra in circolo e da li non ce n’è più per nessuno. Passo Smalp (scuola militare
alpina) e via in salita. Perché io voglio quell’applauso. Superiamo tutto ciò che è davanti a noi. La
compagnia di Virna è piacevole: lei parla mentre io non riesco a fiatare.
Arriviamo alla seconda vetta ed inizia una discesa ripidissima. La campionessa si mette davanti per tracciare
il percorso rendendomi meno penosa la discesa, ma i dolori sono troppi forti. Quali dolori?
Discesa del Mortirolo in bici qualche ora prima. “ma che ca………..o fai?” sto stronzo mi attraversa la strada
senza rendersi conto che sto arrivando a tutta. Lo evito, ma sono veloce; invado la corsia opposta, la bici si
scompone. Muretto alto venti centimetri con rete metallica. Ci rimbalzo e striscio sull’asfalto. Non so come,
ma sono salvo. Rimonto in bici. Oggi non ho tempo per litigare. SEEEEEEE. Ho rischiato la mia verginità nel
voler salire alla bersagliera; la sella ha la punta rivolta verso l’alto e in più la catena è incastrata tra le due
corone……NOOOOOOOOO. E’ finita. Io mi ritiro. “oh Tu oh Tu. Si Tu. Tu. oh. Fermati fermati. dammi una
mano ti prego” un MTbiker mi guarda terrorizzato, ma è scaltro ed intuisce le mie richieste che non riesco a
declinare e si mette a disincastrare la catena. Allo stesso tempo un supporter di qualche altro atleta in gara
si mette con l’auto di traverso in mezzo alla strada e comincia a battere con il pugno sulla sella per
riposizionarla. Non respiro. Non so che fare. Il cuore è fermo. SIIIIIII. Non so come diavolo vi chiamate, chi
siete e che ci fate proprio qui in questo preciso istante, ma grazie grazie grazie grazie. Il Signore vi abbia in
gloria. Riparto. Ok la sella non è proprio messa bene, ma va beh è tutto grasso che cola.
Al termine della discesa nonno Fabio ispeziona la bici, ma la catena sotto sforzo salta. Io mi ritiro. No anzi.
Voglio quell’applauso. Ok ci provo. Ma arrivare sul Gavia in queste condizioni è dura. Mi fermo 10 minuti da
Roberta che ha parcheggiato all’inizio della salita e le dico “dormo un attimo. Ho male dappertutto”. Roby
rimane calma, mi pulisce le escoriazioni che nemmeno mi ero accorto di avere e mi rifila un antidolorifico.
Finora non ha sbagliato un colpo. Sempre presente e lucida, agli appuntamenti convenuti mi passa le
barrette, i sali o i carboidrati. Mitttttica. Si riparte e sul Gavia devo fare qualche pezzo a piedi perché nei
tratti più duri la catena salta……giusto cielo, per dindirindina…….e finalmente arrivo in cima. Guardo lo
spettacolo attorno e via in discesa senza mai riuscire ad impostare una traiettoria corretta. Io che mi
autostimo così tanto per come riesco a buttarmi giù in discesa. Per fortuna non c’è traffico. Frazione bici
chiusa in quasi 10 ore. Troppe. Oggi va così, ma per la piega che stava prendendo va bene così.
Ore 2 sveglia. E chi ha dormito? Giocava anche l’Italia. Colazione e ci dirigiamo in zona cambio per le solite
ritualità. Imbarco alle 03.30 per dirigersi verso la sponda opposta da dove si partirà e come in ogni Ironman
do un bacio sulla cabeza del Presidente, un bacio a Virna e uno un po’ più piccante a Roberta. Il nuoto fila
veramente liscio. Riesco a tracciare una retta ed esco tra i primi 10. Si va in bici.
Già!!!!! Dicevamo della corsa in discesa. Ho male ed è chiaro che la caduta in bici sta facendo emergere i
primi problemi. Virna è eccezionale e, come faceva Tino Pietrogiovanna ai tempi di Tomba, riesce a tracciare
la discesa ripidissima rendendomela più dolce, ma il ginocchio fa male. Io mi ritiro. Non ce la faccio. E
invece voglio quell’applauso e corriamo verso l’ultimo passaggio a Ponte di Legno dove ci aspetta Fabio. Nel
frattempo guardo l’orologio. Azzzz. Sono le 18:45 non ce la faremo mai ad arrivare al cancello delle 21 su al
Passo Paradiso. Io mi ritiro. Virna imperturbabile non mi da retta e tira dritto anzi va avanti per avvisare
Fabio che siamo li. “Fabio. Dai. dai. ‘ndemo. La facciamo o no sta pazzia?” Da questo momento e fino al
passo del Tonale non ce n’è per nessuno e sono sempre davanti a fare il ritmo. Ne passo tanti, ma
veramente tanti. Controllo l’orologio “ce la faremo?” Tic tac. Tic tac. Arriviamo in cima alle 20:40. Nei vari
test su quello stesso percorso avevo impiegato molto, ma molto di più. Non capisco da dove arriva tutta sta
energia e sono felice…Panoramix??? Roby mi viene incontro urlando dalla gioia e Fabio dietro di me è
emozionatissimo. Virna? Una lama nel cuore, non riesce ad accompagnarmi per l’ultima ascensione della
giornata………nooooo. Tanto rispetto per questa wonder woman che ridendo e scherzando si è fatta 31 km
con me e domenica prossima deve disputare i campionati italiani sulla media distanza. Tanta tanta stima
sorella. Se non c’eri tu ero già sotto le coperte con una decina di birre in corpo e tanta rabbia.
Per me invece non è ancora finita “Fabio. Da qui in avanti non mi interessa più nulla. Ho passato l’ultimo dei
cancelli, si tratta solo di arrivare su al rifugio. Adesso facciamo una passeggiata sino in cima”. Se di
passeggiata si può parlare: gli ultimi 7 km con 800 metri di dislivello li abbiamo fatti in 2 ore e 20. Tenendo
conto che erano passate già 17 ore di gara…..
La luce del rifugio diventa sempre più intensa e ora si sente anche la voce dello speaker. Mi ringalluzzisco
anche se non ho più la forza nemmeno di prendere il cellulare per filmare il mio arrivo. Fabio sullo stile di
Rocky Balboa inizia a gridare i nomi di Virna e Roberta che spuntano fuori dal fascio di luci dell’arrivo. E’
buio, fa freddo ma non sento nulla. Stazioniamo un po’ in coda prima di tagliare il traguardo per consentire
agli organizzatori di fare le foto come si deve in base agli arrivi….tocca noi…..esplosione di gioia, abbracci,
baci…..e ora dentro in rifugio. Io voglio quell’applauso…..entriamo nel rifugio…..tutti si fermano ed iniziano
ad applaudirmi…..erano due anni che aspettavo questo cazzo di applauso ed ora è tutto mio. Ringrazio con
un cenno della mano. Ora sono veramente ok. Birrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaaa. Patatine fritttteeeeeeeee……
ayeah.
Il giorno dopo ci viene consegnato il trofeo tanto agognato, un cubo di porfido viola della val Comonica con
inciso il nome dell’atleta finisher che provvedo a pubblicare immediatamente su Instagram. Roberta scrive
“Caro il nostro Stoneman avevi deciso di farla e ci sei riuscito…ti ammiro per la forza mentale e fisica……un
pezzo di porfido lo dai a me che se ti dovesse capitare di pensare di rifare una cosa del genere te lo spacco
in testa”…….no digo altro…😊
Grazie Angeli. Grazie siete stati fantastici.
Dimenticavo. Durante tutta la gara continuavo a sentir vibrare il mio cellulare. Erano i VS messaggi. Me ne
avete mandati una infinità. GRAZIE siete fantastici.